martedì 23 dicembre 2014

Una testimonianza sui fatti del novembre 1953 a Trieste

pagina del diario di Diego de Henriquez,
(quaderno n. 172)
con la sua ricostruzione dei fatti del 5 novembre 1953

Quanto accaduto veramente a Trieste nel novembre del 1953 attende ancora di essere chiarito.
Quanto tramandatoci da una certa agiografia patriottarda sugli "ultimi martiri del Risorgimento" è solo una cortina fumogena di propaganda, tesa a nascondere verità inconfessabili fatte di trame, giochi di servizi segreti, teppisti assoldati come agenti provocatori. E peggio.

Cominciamo da un illuminante intervento, effettuato dall'on. Renzo De Vidovich (all'epoca parlamentare del MSI) in occasione delle dichiarazioni di voto per il trattato di Osimo,On. Renzo De Vidovich:

...Trieste è tornata all'Italia perché il 5 e 6 novembre 1953 noi, gioventù nazionale di Trieste, siamo scesi nelle piazze di Trieste e abbiamo avuto sei morti e centocinquantatrè feriti perché gli "alleati" inglesi e americani ci hanno sparato addosso senza tanti complimenti. Non c' erano comunisti insieme a noi a combattere gli yankees, non c'erano gli uomini di sinistra: eravamo solamente noi. Abbiamo sempre detto che con noi c'erano Italiani di tutti i partiti, anche se poi quando uno moriva o veniva colpito in tasca trovavano la tessera della Giovane Italia, della Goliardia Nazionale e del Movimento Sociale Italiano. Ma noi continuiamo a dire che in piazza c' erano tutti gli Italiani, anche se avevamo la sfortuna di cadere solo noi. Ricordo Pierino Addobbati, dalmata come me, che faceva parte del mio gruppo: era il più giovane e fu il primo che cadde; ricordo Francesco Paglia, segretario della Goliardia Nazionale, segretario della Giunta dell' Intesa studentesca di cui assunsi la responsabilità il 6 novembre 1953, dopo la sua morte. Ricordo Nardino Manzi, facente parte di uno dei gruppi degli attivisti più splendidi del Movimento Sociale Italiano; Erminio Bassa, lavoratore della nascente CISNAL, Saverio Montano, Antonio Zavadil e altri centocinquantatrè feriti. Fummo noi e me ne assumo la responsabilità - l' amico Petronio è presente e me ne può dare atto - che deliberatamente, sapendo che voi ci avreste negato le armi che pure avevate portato a Trieste ed erano dislocate in vari posti, facemmo la sortita contro il governo militare alleato; fummo noi che determinammo con il sangue il ritorno di Trieste all'Italia. E se il 26 ottobre dell' anno successivo vi affrettaste a firmare il memorandum d' intesa, fu perché avevamo dato un anno di tempo e il 26 ottobre era ormai vicino a quel 4 novembre in cui saremmo insorti. Lo dicemmo responsabilmente: io ero così ingenuo che ne feci addirittura un manifesto firmato. Dicemmo chiaramente che i governi italiani non erano all' altezza della situazione - quelli di ieri non erano poi tanto diversi da quelli di oggi - noi saremmo scesi in piazza, avremmo cacciato gli americani e gli inglesi e ci saremo conquistati quella libertà nazionale che era il simbolo e la continuazione del Risorgimento... Chiudo questo mio intervento dicendo quello che già avevamo scritto nel 1954 su un pezzo di Carso murato al confine di Muggia: A Muggia termina la Repubblica Italiana, ma l'Italia continua!.

E' interessante che questo scritto circoli in un sottobosco di siterelli edificanti quali, ad esempio stormfront.org, dove esaltati inneggiano a queste azioni...

Comunque, da questo scritto emergono alcuni dettagli che de' Vidovich ricorda con orgoglio ma che, al contrario, gettano profonde e vergognose ombre sul ruolo dell'Italia.
Si ammette che le vittime erano tutti attivisti di estrema destra, anche se (per propaganda) all'epoca si parlava di "manifestanti italiani senza distinzione di credo politico". Non era vero: i manifestanti erano tutti di destra, e spesso attivisti: un segretario della Goliardia Nazionale, un attivista del MSI, un lavoratore della CISNAL...
  
Si ammette che l'italia aveva introdotto delle armi clandestinamente nel Territorio Libero di Trieste, al fine di equipaggiare un'insurrezione armata, anche se in occasione della rivolta del novembre del 1953 non furono distribuite ai manifestanti (che, comunque, se ne procurarono delle altre).

Si ammette che si trattò di una deliberata azione provocatoria ed armata (una "sortita") contro il GMA.

Si ammette infine che questa ristretta cerchia di facinorosi manifestanti aveva poi posto un vero e proprio ultimatum all'Italia, pretendendo un intervento risolutivo entro un anno: tanto che rivendicano il "merito" del Memorandum di Londra...

pagina del diario di Diego de Henriquez,
(quaderno n. 172)
con la sua ricostruzione dei fatti del 5 novembre 1953
 

Una testimonianza interessante ci viene da Diego de Henriquez, che documentò tutta la sua esistenza stendendo sistematicamente dei diari con precisione maniacale.

Nel quaderno n. 172, nelle pagine relative al 5 novembre 1953 (vedi mappa), de Henriquez riporta di essersi trovato dapprima fra le due colonne centrali a destra di mons. Grego, poi di essersi spostato verso il portone del punto L (dove la gente si proteggeva dai sassi); da lì sentì sparare e si spostò verso K, cercando di fermare dei manifestanti. Sentì un motore e sull'angolo W fu investito da un getto d'acqua. Si spostò in Z (bar Russian). Di fronte a lui, sul fianco della chiesa, sfilò una processione. Nel punto 5 arrivò un gruppo della Polizia Civile (de Henriquez si rivolse al loro capo, raccomandandosi di non sparare).
Quindi de Henriquez si portò sul punto 10 (altro accesso laterale della chiesa), e da lì vide nel punto 11 un gruppo di agenti - ma non ricorda se della Polizia Civile o del Gruppo Mobile - buttare a terra un giovane e colpirlo coi manganelli.
Vide altri della Polizia Civile portarsi verso 12 come per occupare via S Caterina.

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