mercoledì 19 dicembre 2012

Corte Costituzionale - sentenza n. 53/1964



1. - La Corte non ritiene necessario, ai fini del presente giudizio, esaminare e risolvere puntualmente le questioni di diritto internazionale che l'interpretazione dell'art. 21 del Trattato di pace ha fatto sorgere e segnatamente se, con l'entrata in vigore di questo, sia venuta a cessare la sovranità italiana sul Territorio libero di Trieste e, nell'ipotesi che codesta cessazione abbia avuto luogo, come la sovranità dello Stato sia stata ripristinata o come si sia verificata la "riannessione" della zona A di quel Territorio allo Stato italiano.
Ritiene, infatti, la Corte che o si accolga la tesi, che appare preferibile, secondo la quale la sovranità italiana sul Territorio triestino non é mai cessata, o si accolga l'altra secondo la quale essa sovranità é stata ripristinata in conseguenza del Memorandum d'intesa, immediatamente, o gradualmente, attraverso un idoneo comportamento dello Stato italiano, la questione della conformità alla Costituzione dei poteri conferiti al Commissario generale del Governo, così come ora é sottoposta all'esame della Corte, non subisce modificazione di termini. É da considerare infatti che il persistere della sovranità italiana sul Territorio di Trieste o la successiva sua restaurazione non escludono che, nella zona A di questo Territorio, in seguito a straordinari eventi e ad accordi internazionali, si sia potuto legittimamente instaurare un regime particolare di amministrazione e di Governo, quale quello che si riassume nella figura e nei poteri del Commissario generale.
2. - Occorre, a questo fine, fare riferimento al Memorandum d'intesa siglato a Londra il 5 ottobre 1954 tra i Governi d'Italia, del Regno Unito, degli Stati Uniti e della Jugoslavia, e ai presupposti che lo occasionarono: l'impossibilità di "tradurre in atto le clausole del Trattato di pace" e la volontà manifestata dalle Potenze occupanti di non assumere ulteriormente la responsabilità per l'amministrazione del Territorio di Trieste. In conseguenza di ciò fu concluso un "practical arrangement" o, come si esprime il testo italiano, furono adottate "misure pratiche", che si concretarono nel passaggio all'amministrazione italiana e a quella jugoslava, rispettivamente, della zona A e della zona B del Territorio triestino. Italia e Jugoslavia concordarono insieme, in uno "Statuto speciale" allegato al Memorandum, misure per assicurare, nelle zone che, in base alle disposizioni del Memorandum, passavano nella rispettiva sfera di amministrazione, "i diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali senza distinzione di razza, di sesso, di lingua e di religione". Si adottava pertanto una soluzione di carattere provvisorio e straordinario, conseguenza di uno stato di necessità, com'era del resto confermato anche dalla natura dell'atto diplomatico, col quale la si adottava, che é stato ritenuto anomalo ed eccezionale.
Il problema di fondo non veniva perciò né risoluto né pregiudicato. Per l'Italia questo problema significava l'ulteriore destino della zona B, di una parte, cioè, di territorio nazionale sulla quale l'Italia intendeva conservare e riaffermare i suoi diritti. Conforme a questa situazione e dettato dal proposito di salvaguardare queste esigenze giuridiche, storiche e politiche, fu il comportamento dello Stato italiano, che si espresse nel fatto che il Parlamento discusse intorno al Memorandum senza giungere ad adottare alcuna decisione, e nell'altro che i poteri esercitati mediante un Commissario generale del Governo nella zona passata all'amministrazione italiana si collegarono (o ne furono la continuazione) a quelli esercitati dai Comandi militari alleati prima dell'entrata in vigore del Trattato di pace e, nella medesima forma e misura, dopo l'entrata in vigore di questo, giusta l'art. 1 dello "Strumento per il regime provvisorio del Territorio libero di Trieste", allegato al Trattato stesso, il quale appunto stabilisce che "fino all'assunzione dei poteri da parte del governatore, il Territorio libero continuerà ad essere amministrato dai Comandi militari alleati, entro le rispettive zone di competenza". In questo quadro va considerata la particolare natura ed estensione dei poteri del Commissario generale di Governo e segnatamente di quelli legislativi: continuazione dei poteri esercitati già dai Comandi alleati. Né questo comportamento dello Stato italiano dettato dalla straordinaria situazione del Territorio triestino, non assimilabile, o quanto meno non identificabile a quella dei territori in via di annessione dopo la prima guerra mondiale, fu contraddetto da talune necessarie misure e interventi legislativi dello Stato italiano direttamente efficaci nel Territorio triestino, che restò nella sua peculiare configurazione, senza che ne risultasse compromessa la posizione politica internazionale dell'Italia in materia. Sono questi i motivi che rendono non sostenibile la tesi illustrata dalla difesa della Società Arrigoni secondo la quale non sarebbe stato necessario un regime speciale per l'amministrazione della zona, che, a ben guardare, si risolve in una critica della valutazione del momento storico e della tutela degli interessi nazionali compiuta dallo Stato italiano nel 1954.

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