venerdì 20 settembre 2013

La storia la scrivono i vincitori

Si sa bene questo. Tanto da diventare un luogo comune.
La Storia la scrivono sempre i vincitori. O chi detiene il potere, aggiungo io.
Tanto che l'Italia, sconfitta nella seconda guerra, ma al di qua della cortina di ferro, ha potuto togliersi lo sfizio, quasi fosse una potenza vincitrice, di raccontarcela a suo piacimento, la Storia.
A cominciare dalla sconfitta, che osservata da una prospettiva sfalsata, è diventata una Vittoria. La Vittoria delle forze democratiche! Insomma, nessuna sconfitta. Unico perdente? Mussolini e tutti i suoi, chiamiamoli così, più stretti collaboratori.
Forte di questa patente di Stato democratico e con le spalle protette dalle forze realmente vincitrici, ecco che finalmente l'Italia ci racconta la Storia delle nostre terre. La Vera Storia, si badi bene! Mica quella sfalsata che i tanti nonni Frane davanti al loro bicchiere di rosso, andavano blaterando a Pasqua o a Natale nelle loro casetta di Koloncovec, o a San Giacomo. Non importa. Scherziamo? Quelle erano solo chiacchiere, appunto, di uomini senza cultura, di contadini, artigiani, operai. Persone che appartenevano a un altro mondo. Fantasmi sopravvissuti. Fantasmi gialloneri. Ancora tra di noi alla ricerca della propria anima, prima di sparire definitivamente dalle nostre vite e dai nostri ricordi. E la lenta triturazione dei nostri cervelli inizia così già nei primi anni di vita. Dev'essere un lavoro sistematico, costante. Guai a cedere. C'è il rischio che si possano innescare pericolosi sussulti di coscienza. Il dubbio, quando si insinua pericolosamente dentro di noi... e chi lo ferma più? Una serpe pericolosa, il dubbio. Può spalancare le porte alla negazione e di fronte alla negazione non c'è propaganda che tenga. Quindi, forza con il lavoro. Dateci dentro, insegnanti, mi raccomando, il compito più duro sarà il vostro. E quindi... celebrare gli eroi del 15-18. e i ragazzi del '99. E quindi... canti patriottici in piedi, sull'attenti, prima della campanella. 'Sti bambini, devono imparare la canzone del Piave a memoria. Non ci sono scuse. Dai, che poi la canteremo alla festa dell'Arma! E poi giù aranciata per tutti! E anche il nostro adorato Inno, mi raccomando! Tutto purché gli strani nodi allo stomaco che possono prendere si sciolgano in fretta. Siamo Italiani, capite bambini? E dannatamente fieri di esserlo! Questa terra, per la riconquista della quale tanto sangue è stato versato, è orgogliosa di voi. Il Tricolore sui vostri volti vi donerà un'aura di bellezza unica e inimitabile. Bambini, siate fieri della vostra Patria!
E poi, giusto qualche anno dopo, improvviso il dubbio. Trovarsi quasi senza rendersene conto, adolescenti sul filo teso, tra una patria inventata e la realtà di un'identità scomparsa, che affiora a tratti dalla memoria, dai racconti dei tanti Frane di Koloncovec. E chiedersi che faccia avesse il nonno sepolto in Galizia e perché la guerra qui da noi comincia nel '14 e scoprire l'esistenza del sistematico lavoro di riduzione dei cognomi originari nel triste ventennio, nel maledetto ventennio. E capire che è tutto una bufala, che tutto ciò in cui avevi creduto e che tanto meschinamente ti era stato piantato nel tenero fragile cervello di bambino si poggiava sul niente. Ti casca un mondo, poco da fare. E da questo allo risvegliarsi con una nuova coscienza il passo è breve. E allora via a documentarsi, a studiare la storia, a capire, o perlomeno a provare a farlo. Scoprire che Trieste fino a Maria Teresa era poco più di un villaggio di pescatori e che l'invenzione di un Porto Franco è stata la geniale molla della trasformazione. E scoprire ancora che gli sloveni sono qui da sempre e che nessuna mano divina li ha calati improvvisamente dall'alto. E scoprire ancora che le tue radici affondano nei boschi della Slovacchia e dai colli dell'Istria e dalla pianure della Slovenia e dalle coste dell'Italia. E improvvisamente rendersi conto che la tua identità, le tue radici, ti vengono negate e il tricolore diventa solo un accostamento cromatico e niente più. Convivere con la mancanza d'identità.
Per anni l'ho fatto e il senso di vuoto che l'accompagnava ha segnato profondamente quello che io sono oggi. Un triestino. Un triestino e basta. Finalmente in pace con me stesso.

(testo tratto da Facebook)

6 commenti:

  1. Bravo! Ed esorto tuti quei che vivi in un punto qualsiasi del nostro Territorio Libero de Trieste - Zona A e Zona B - de riflèter profondamente sula nostra identità. Semo tuti citadini del "Teritorio", NO ESISTI "MINORANZE", tuti gavemo i stessi doveri e i stessi diriti! Le lingue uficiali xe due: italian e sloven. QUESTO XE OGI E CONTINUERÀ A ESSER IN FUTURO EL TERITORIO LIBERO DE TRIESTE!
    "Allogeni" imboscài in tribunal, università e publica aministrazion in genere: Via!
    ...a casa vostra! E con voi, VIA TUTI I VOSTRI COLLABORAZIONISTI ! W EL TLT !

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  2. Io vivo a trieste da 10 anni e lavoro per una società molto presente in città. Mi chiedo, dovrò fare le valigie anch'io per tornare a casa? Il commento qui sopra mi lascia perplesso sulle reali radici mitteleuropee del movimento

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    1. el problema non xe chi vien per lavorar ma chi vien per comandar,volemo solo eser rispetai e no ciolti pel cul

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  3. A parte che il commento di un anonimo su un blog è un po' dura attribuirlo "al movimento" (che poi, a quale movimento ti riferisci? MTL?), traducendo dal triestino all'italiano mi sembra chiaro (e rifacendosi a quello che più volte ha affermato MTL, anche in situazioni ufficiali): a Trieste c'è spazio per tutti, e chiunque vivi e lavora a Trieste potrà continuare serenamente a farlo, certamente meglio di prima.
    Se qualcuno in tale ambiente "non si troverà", o non avrà più il suo spazio (perchè il suo spazio se l'è guadagnato non per merito, ma in forza di amicizie politiche che gli hanno creato una poltrona ad hoc), allora probabilmente questi sceglierà di andarsene.
    Considerato che, attualmente, sono migliaia i giovani triestini che ogni anno sono costretti ad andarsene da Trieste perchè l'amministrazione italiana ha reso loro impossibile qualsiasi prospettiva, non vedo nessuno scandalo se qualcuno anche dopo sarà, di fatto, costretto nei fatti ad andarsene...
    Tu in quale settore lavori? Come ti sei guadagnato il tuo posto di lavoro? Se nel rispondere a questa domanda non provi imbarazzo, difficile che tu abbia qualche problema nel futuro TLT.

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  4. Non avevo visto la tua risposta, andiamo con ordine.
    1. Tu sei l'amministratore del blog, quindi dovresti risponderne proprio tu, o perlomeno dovresti commentare in qualche modo;
    2. Il MTL però, spesso, afferma che solo chi lavora onestamente potrà rimanere a vivere nel territorio, ora cosa significa e chi lo decide che uno lavora in modo onesto? Insomma i dipendenti di Equitalia, per esempio, sono lavoratori onesti? il direttore di banca che rifiuta la concessione di un mutuo è un lavoratore onesto? l'avvocato che, per conto di un cliente, sfratta una famiglia, è un lavoratore onesto? E poi chi deciderà sull'onestà del lavoro? Lo chiedo perché da nessuno ho avuto una risposta chiara;
    3. tranquillo, lavoro nel privato e il mio posto me lo sono guadagnato con colloqui durati più giorni e senza conoscere nessuno di utile!

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    1. Allora, caro anonimo, andiamo con ordine:
      1 - il fatto che io sia l'amministratore del blog non significa che devo rispondere o commentare per forza ogni commento. Il web è molto poco democratico: potrei benissimo cancellare i commenti scomodi, rifiutarmi di commentarli, o anche proprio chiudere i commenti: tutte possibilità lecite e legittime.
      Se rispondo, è perchè ho tempo, modo e voglia di farlo; nel momento in cui uno di questi tre componenti mancherà, smetterò di farlo. OK?
      Per il momento, nella moderazione dei commenti cancello solo lo spam e quelli che - per i toni - potrebbero avere evidenti risvolti penali. Per il resto - almeno per il momento, e finché mi va - pubblico tutto.
      2 . MTL non afferma che "solo" chi lavora onestamente potrà rimanere a vivere nel territorio: afferma che "chi lavora onestamente potrà rimanere a vivere nel territorio" (che è una sfumatura differente).
      Adesso, se tu non sei in grado neppure di darti da solo ed in coscienza una definizione di "lavoro onesto", perché pretendi che siano gli altri a dartela?
      "Mal no far, paura no aver", dicono a Trieste... prova a fare tuo questo proverbio.
      Io, *personalmente", ti posso dire che vedrei bene ad esser forzati ad emigrare (non coattivamente, ma semplicemente perchè non avrebbero più un lavoro) certi pseudo-dipendenti pubblici... (penso ad esempio al bidello part-time 50% di origini calabre, che visto che la legge glielo permette si è scelto un part-time verticale: 6 mesi al "lavoro" a Trieste, 6 mesi a casa in calabria. Ovviamente i 6 mesi di lavoro partono a giugno. "Lavora" regolarmente giugno, luglio ed agosto. A metà settembre si mette in malattia perchè c'ha l'esaurimento nervoso, e gli ultimi 3 mesi (un po' scarsi) di lavoro li passa a casa. E' u caso concreto, e va avanti così da anni. E con le leggi italiane non c'è modo di schiodarlo: la scuola continua a pagare lo stipendio ad un bidello fantasma. Ecco, se questo personaggio si vedrà recapitare una bella lettera di licenziamento dalla scuola, lo vedrò con favore. Un suo collega, pure calabrese, che lavora invece onestamente e facendo regolarmente il suo lavoro (e magari anche qualcosa di più, per sopperire il collega disonesto), sarà lui a decidere autonomamente ed in piena libertà se restare a Trieste o meno.
      3 - con chi ti riferisci con quel "tranquillo"? Ti rivolgi a me o all'altro anonimo commentatore?
      Io, comunque, sono tranquillissimo: osservo solo che il fatto di essersi "guadagnato" un posto con un colloquio, normalmente, non è sufficiente poi a garantirtelo vita natural durante: il tuo posto devi difenderlo con la tua serietà, impegno e professionalità. Uno può anche fare un colloquio splendido e prendersi un posto: se dopo sei mesi / un anno / due anni / cinque anni si rivela un cazzaro, in qualsiasi azienda del mondo viene mandato a casa.
      Concludo osservando che c'è una strana insistenza in questo periodo, da parte di vari anonimi o quasi in vari social per avere risposte "precise" ai quesiti più vari (e vaghi).
      Tanto che c'è chi vi ravvede una precisa (anche se fallimentare) tattica mediatica indirizzata da ambienti ben precisi.
      Ecco, diciamo che se il tuo mestiere è fare l'agitpop sul web, pagato da qualche partitucolo con i soldi del finanziamento pubblico, beh... ecco, anche se hai ottenuto il tuo posto con una settimana di colloqui all'ultimo sangue, il fatto che il tuo posto di lavoro adesso scompaia non mi angustierà... :D

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