Trieste, 2 luglio 1914 - i funerali di Francesco Ferdinando d`Asburgo e della consorte Sofia |
Cento anni fa, il 2 luglio 1914, la salma di Francesco Ferdinando d'Asburgo e della consorte assassinati a Sarajevo, arrivarono a Trieste.
E' pigra abitudine ripetere che da questo scaturì l' "inutile strage" della Prima Guerra Mondiale.
Non fu così.
A parte l' ovvietà che con un semplice attentato non si può produrre una guerra che sconvolge tutto il mondo, gli studi di eminenti storici hanno individuato nella frantumazione dell' Impero Ottomano una delle cause più importanti che portò a due guerre balcaniche prima e al conflitto tra Serbia e Impero Austro-Ungarico poi.
La scintilla che destabilizzò equilibri mondiali è stata individuata nella "guerra di Libia" con cui l' Italia nel 1911 attaccò la Turchia, cui la Libia apparteneva, per ambizioni imperialiste coloniali. Il conflitto si estese anche al mare Egeo dove l' Italia occupò il Dodecanneso greco.
Pure se minore, la guerra Italo-Turca del 1912 fu un importante precursore della prima guerra mondiale, perché contribuì al risveglio del nazionalismo nei Balcani. (1)
"Osservando la facilità con cui gli italiani avevano sconfitto i disorganizzati turchi ottomani, i membri della Lega Balcanica attaccarono l'Impero prima del termine del conflitto con l'Italia.Nell'Impero absburgico prevalse l'idea di una guerra preventiva rapida e limitata per dissuadere e prevenire un attacco Russo che si prevedeva imminente sul fronte orientale.
Vi furono due "guerre balcaniche" nel 1912 e 1913 e il rafforzamento della Serbia con la sua alleanza con l'Impero Russo fece traballare gli equilibri tra le potenze".
Il resto è più noto: non a caso si parla di "polveriera balcanica" e in anni recenti siamo stati spettatori di una guerra feroce.
A Trieste, e non solo qui, paghiamo ancora il pesante costo delle conseguenze di questa guerra.
Alcuni illustri concittadini hanno scritto dei loro contributi al supplemento del Piccolo di sabato 28 sulla "Grande Guerra": Claudio Magris, Paolo Rumiz, Elvio Guagnini, Boris Pahor, Demetrio Volcic, Sergio Canciani, Marina Rossi, Fabio Todero, ed altri.
Sono contributi eccellenti in quel contesto e non ci sono scivolamenti nella retorica patriottarda irredentista che non appartiene alle persone di qualità.
E' come avvenne con le conferenze Laterza al Verdi che, promosse con l'intento di dimostrare l' "italianita`" di Trieste, hanno invece finito per dimostrare il contrario grazie alla competenza e all'onestà intellettuale dei conferenzieri.
Rumiz, in un articolo molto suggestivo, immagina di rivedere di notte a Redipuglia i combattenti, quali fantasmi, e si domanda
"dov'è la mia gente?E sente le voci dei morti italiani di Redipuglia che gli dicono "Vai nei giorni dei morti, vai da chi non ha tomba. VAI DAGLI INNOMINATI, DAI DIMENTICATI DALLA STORIA. solo dopo ritorna da noi".
Dov'erano i triestini, gli istriani, i goriziani i trentini, i figli delle terre conquistate dall' Italia nella Grande Guerra? Non gli arditi che avevano scelto di scavalcare le linee per combattere con il Tricolore: ma gli altri, cento volte più numerosi, coloro che prima di essere ribatezzati "italianissimi" erano stati i "nemici". I nostri vecchi andati in guerra " fur Kaiser und Vaterland" sotto la bandiera giallo nera".
I nostri morti triestini erano in gran parte arruolati nel K.u.K 97° e tanti erano caduti in Galizia ( Ucraina) intorno a Leopoli.
Morti dimenticati a cui la Trieste "italianissima" non dedica neanche un vicolo malgrado i combattenti triestini nell'esercito austroungarico fossero stati circa 45.000 contro i circa 380 disertori passati all'Italia per motivi di irredentismo. Condannati dagli arroganti conquistatori alla "damnatio memoriae"
Trieste è piena di strade e piazze intitolate a irredentisti italiani, spesso solo "teste calde" quando non proprio fascisti conclamati o razzisti antislavi paranazisti come Timeus che nel '14 scriveva "«la lotta è una fatalità che non può avere il suo compimento se non nella sparizione completa di una delle due razze che si combattono».
O quell'Imbriani napolo-torinese che, capo degli irredentisti, era pagato dai servizi francesi per evitare rivendicazioni sulla Savoia e Nizza (patria di Garibaldi) ben più italiane di Trieste, e indirizzarle sulla nostra disgraziata città.
Tanto che fu lui in un incontro, di pochi giorni precedente, a spedire quel povero giovane confuso di Oberdank a fare un attentato per sabotare l' inizio della Triplice Alleanza tra Italia, Austria e Germania che tanto fastidio dava ai francesi. (2).
Claudio Magris scrive, riferendosi ai fanti usati come carne da cannone
"sono questi uomini i protagonisti della guerra, vittime ed eroi oscuri, non certo i marescialli che li mandavano a morire senza nemmeno conoscere la cosiddetta arte della guerra, come CADORNA, AL QUALE E' PIUTTOSTO INOPPORTUNO CHE SIA DEDICATA UNA VIA DI TRIESTE".Come non essere d' accordo?
Cadorna, un macellaio, odiato dai suoi stessi soldati, che fece travolgere senza scampo i suoi fanti a Caporetto dando poi a loro la colpa anzichè a sè stesso e all'incapacità del suo comando.
Al punto che quando gli italiani occuparono Trieste in seguito agli accordi di pace (perchè a Trieste NON riuscirono mai ad entrare militarmente, bloccati all'Hermada) e vi trovarono decine di migliaia di connazionali fatti prigionieri a Caporetto e poi liberati, invece di assisterli LI RINCHIUSERO NEL RECINTO DELL'ATTUALE PORTO VECCHIO DOVE CIRCA 3.000 MORIRONO DI FAME E STENTI.
Il gen. Petitti di Roreto, altro grande cialtrone a cui è stata dedicata una via di Trieste, li fece sorvegliare da un reparto di Arditi e così annota riguardo a un suo "amorevole" discorso ai connazionali ex-prigionieri italiani di Caporetto: "dissi che sarei stato severissimo nel reprimere qualsiasi tentativo di ribellione, anche se avessi dovuto impiegare le mitragliatrici". Osserva lo storico triestino Raoul Pupo: "Come bentornato della Madrepatria ai reduci dagli stenti della prigionia in mano nemica, non era davvero male" (3).
In epoca fascista fu costruito, con arrogante architettura imperiale, l'immenso cimitero di Redipuglia con l'intento di farne, sulla pelle dei poveri morti sfruttati un' altra volta, un luogo di culto pagano nazionalista e bellicista italiano, ornato da proietti di cannone, frasi retoriche come "presente!" e non da fiori: fu definito inusualmente "sacrario" per questo.
Senza alcuna umana pietà da questo cimitero furono esclusi i morti di nazionalità non italiana i cui resti furono lasciati alla pietà degli abitanti o delle nazioni di provenienza.
Non credo che Papa Francesco sappia tutto questo e temo che non ne sarà informato prima della sua visita a Redipuglia il 13 settembre prossimo: è' un uomo buono e saggio e viene per pregare per TUTTI i morti di quella tragedia e perchè non si ripeta.
Per questo io spero venga anche a Trieste per pregare insieme, ciascuno il suo Dio, per la pace tra gli uomini di buona volontà di tutte le nazionalità, religioni e opinioni.
E' troppo chiedere alla Chiesa di Trieste di farsi interprete presso il Santo Padre dell' auspicio che vada, si, a Redipuglia ma oltrepassi anche simbolicamente i confini di allora e venga anche da noi?
Sarà accolto entusiasticamente da tutta la città.
E spero anche che questo 2014 finisca con almeno una strada, importante, dedicata collettivamente ai nostri morti combattendo nell'esercito austroungarico.
Non chiedo nemmeno che siano tolti i nomi delle decine di personaggi indegni, ma una strada ai nostri caduti SI, e fermamente.
Alla pulizia dei nomi delle strade ci penseranno i triestini tra non molto, magari ricordando anche il nostro grande comico popolare Cecchelin, grande interprete della triestinità e spirito libero che sotto il fascismo finiva regolarmente in galera per i suoi spettacoli di satira autentica e rischiosa, non strapagata e facile come ora, e cui recentemente il comune ha negato una strada o il ponte sul canale, dando prova di penoso opportunismo.
1 - Due recenti libri di importanti studiosi uno di area di destra e uno di sinistra dimostrano questa tesi: Franco Cardini " La Scintilla", Mondadori 2014 - Luciano Canfora "1914", Sellerio 2014
2 - Alexander, "L'AFFARE OBERDANK mito e realtà di un martire irredentista" Formichiere 1978
3 - Raoul Pupo "La vittoria senza pace" Laterza 2014
Fonte: https://www.facebook.com/francesco.giuseppe.9275/posts/1506294709600667
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