Il Corriere di Trieste, domenica 11 maggio 1952.
"La requisitoria di un triestino italiano contro i falsi difensori dell'italianità"
(di Fabio Cusin, trasposizione del suo discorso in vista delle elezioni del '52 come candidato del Blocco Triestino, partito pro TLT):
"Qui vi parla un triestino di nazionalità, di lingua, di cultura italiana. Vi parla da un microfono che gli è stato finora gelosamente vietato, come è normalmente vietato a tutti coloro che non appartengono ad una certa chiesa, anzi ad una certa consorteria. Vietato a coloro che pensano con la propria testa, agiscono secondo la loro coscienza, e sentono la Patria, ma anche la propria dignità di uomini, per cui non intendono prostituire i propri sentimenti a questo o a quel dogma, a questo o a quell'accorgimento politico. Un triestino come tanti che hanno sofferto per anni e continuano a soffrire di un'oppressione faziosa, per cui si sono chiesti il perché di questa oppressione tanto più amara in quanto viene da gente della propria lingua e della propria nazione.
Un triestino come tanti, che può vantare più di 200 anni di partecipazione della propria famiglia all'incremento della vita economica della Trieste moderna, nonché a quell'entità di valori morali e di capacità politiche che fu nel secolo scorso il "liberalismo europeo", di quell'audacia rinnovativa e disinteressata che fu allora nella nostra città il pensare ed il sentire nazionali. Compiacenza non vana nel ricordare questi precedenti! Noi stessi siamo essenzialmente un prodotto del nostro ambiente e chi ama la storia acquista più profonda coscienza di esso.
Per questa acquistata coscienza, chi vi parla non intende il termine indipendentismo come quello di un partito politico o di un sentimento sorto in odio all'una o all'altra parte nazionale, ma quale naturale prodotto di una speciale ambientazione
storica. Perché sappiamo che cosa significa questa nostra piccola grande città sul suo golfo, nell'estremo seno dell'Adriatico. Quale forza di attrazione essa fu della vita centro-europea. Quale punto di contatto di civiltà e di umane comprensioni!
Vorrei potervi leggere le pagine in cui il nostro grandissimo Domenico Rossetti depreca l'invasione e la conquista napoleonica, causa di squilibrio e di decadenza della funzione pacificatrice di questo centro cosmopolita. Vorrei potervi descrivere, a dispetto dei tanti, che questa storia hanno falsato, come e perché rimanemmo italiani; perché la lingua italiana dei nostri padri divenne lingua d'incontro e di intelligenza tra vari popoli; fu più che lingua nazionale perché ebbe una funzione internazionale. Per noi che dobbiamo difendere il buon nome d'Italia qui sui confini di tre popoli, di fronte agli stranieri che ci guardano sogghignando, ripetiamo ancora una volta: il fascismo non è l'Italia. Per noi italiani figli di italiani, l'Italia è un'altra cosa. Per noi che abbiamo avuto un'educazione religiosa dalla bocca di sacerdoti che non mescolavano quotidianamente interessi terreni con quelli divini, anche la religione è un'altra cosa. Le cifre hanno dimostrato la vanità dei discorsi che affermano non poter Trieste viver sola. Trieste deve vivere non da sola, ma con tutti, perché impedisca che la sua attività, la sua voglia di lavorare, sia bloccata da interessi che non sono i suoi.
Certo Trieste non potrà vivere se le sue ferrovie sono artificialmente rese infunzionabili, se il suo porto viene artificialmente enucleato, se non vi si devono più costruire navi o le navi del mondo non vi vengano più ad approdare. E' ciò che hanno fatto e che stanno facendo gli attuali dirigenti i quali ora chiedono l'eliminazione anche della provvisoria amministrazione anglo-americana, che ha salvato per questi anni a Trieste una prosperità, la quale scomparirebbe domani di colpo. Per questo fine hanno ancora il coraggio di chiedervi un voto ("intende i partiti italiani") che sanzioni la distruzione della nostra città. Quindi l'atteggiamento che prende il nome di indipendentismo è molto di più che una reazione politica: è quasi uno stimolo biologico di chi difende la propria esistenza."
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