Camera dei Deputati Risoluzione n. 8-00193 del 18 luglio 2012
Discussione
Mercoledì 18 luglio 2012. — Presidenza del presidente Stefano STEFANI. — Interviene il sottosegretario di Stato agli affari
esteri, Marta Dassù.
La seduta comincia alle 14.45.
7-00886 Antonione: Sull’interpretazione dell’allegato VIII al Trattato di pace del 1947 relativo al porto di
Trieste.
(Discussione e conclusione – Approvazione della risoluzione n. 8-00193).
La Commissione inizia la discussione della risoluzione in titolo.
Roberto ANTONIONE (Misto-LI-PLI) motiva la presentazione della risoluzione in titolo, sottoscritta dai deputati triestini e condivisa dalle istituzioni locali, sulla base dell’esigenza di superare la paralisi decisionale dovuta alle difformi interpretazioni circa la situazione giuridica dei punti franchi del porto di Trieste. Ricostruisce la relativa vicenda storico-giuridica, a partire dal Trattato di Pace del 1947, che prevedeva l’istituzione del Territorio libero di Trieste come area sottoposta alla sovranità internazionale, proseguendo con il Memorandum di Londra del 1954, a cui risale la formalizzazione delle zone A e B, fino ai Trattati di Osimo e di Roma, rispettivamente del 1975 e del 1984.
Nel richiamare come l’allargamento dell’Unione europea abbia ormai annullato i vecchi confini e mutato radicalmente il quadro di riferimento, sottolinea la necessità di fare chiarezza sul regime giuridico relativo ai porti franchi in vista di una loro ricollocazione più funzionale all’organizzazione portuale. Auspica che il Governo accolga la risoluzione da lui presentata per garantire certezza del diritto ad una preziosa risorsa dell’economia non solo locale ovvero nazionale, ma europea.
Il sottosegretario Marta DASSÙ, nell’esprimere il consenso del Governo sul testo della risoluzione in esame, ove il dispositivo sia riformulato arrestandosi alla parola « premessa », ricorda che l’articolo 34 dell’Allegato VI al Trattato di Pace di Parigi del 1947 prevedeva la creazione, nel Territorio Libero di Trieste, di un Porto Franco amministrato in conformità alle disposizioni contenute nello strumento internazionale costituente l’Allegato VIII al Trattato. Con il Memorandum di Londra del 1954, lo stato Italiano è subentrato nella titolarità delle funzioni e dei compiti sul Porto Franco al Territorio libero di Trieste. Infatti, a partire da
quella data, si è impegnato a mantenere ed amministrare il funzionamento del Porto in armonia con gli artt. da 1 a 20 del Trattato di Pace del 1947.
Con il Trattato di Osimo del 1975 è stata poi definitivamente sancita la spartizione dell’ex Territorio Libero di Trieste. Il Porto Franco è al di fuori della linea doganale ma entro i confini politici italiani. Si tratta di un’entità caratterizzata da un regime internazionale di franchigia e, tuttavia, assorbita nella sfera delle competenze generali dello Stato sovrano.
Posto quindi che sull’Italia grava l’obbligo internazionale di continuare a mantenere le facilitazioni doganali e normative in termini di libertà e eguaglianza che sono tipiche del regime consuetudinario dei porti franchi, osserva che, allo stesso tempo, l’obbligo non implica l’immodificabilità assoluta dei punti franchi. La facoltà
di estendere le zone franche è infatti palesemente prevista sia dall’articolo 3, comma 4 dell’Allegato VIII del Trattato di Pace, per cui: « Nel caso in cui sia necessario di allargare l’area del Porto Franco, ciò potrà farsi su proposta del Direttore del Porto franco con decisione del Consiglio del Governo e con l’approvazione
dell’Assemblea popolare », sia dall’articolo 16 del Decreto n. 29 del 1955 del Commissario Generale del Governo italiano per il territorio di Trieste per cui: « L’area del « Porto Franco » potrà essere estesa,
qualora ciò sia ritenuto necessario nell’interesse del traffico e dello sviluppo economico del porto ».
Sulla base di tali considerazioni, ritiene anzitutto corretta l’interpretazione che vede attribuire la piena disponibilità di tali zone alla potestà governativa. Quanto all’ipotesi di spostare o accorpare le aree
franche all’interno di strutture portuali o retro-portuali, fa presente che nessuna norma dell’allegato VIII del Trattato di Pace prevede espressamente tale facoltà e nessuno spunto, inoltre, offre la lettera del
Memorandum di Londra del 1954. Ciononostante, ritiene possibile proporre una duplice interpretazione del termine « allargare »: una, più stretta e letterale, che prevede esclusivamente la possibilità di
ampliare le aree già esistenti nei luoghi prestabiliti, e un’altra, più dinamica, che include la possibilità di spostare tali zone, garantendo, tuttavia, l’uso di tali strutture portuali in condizioni di parità per tutto il commercio internazionale, come è usuale negli altri porti liberi del mondo, nel rispetto dei limiti previsti e stabiliti dall’Allegato VIII del Trattato di Pace del 1947.
Dichiara che al Governo appare preferibile la seconda interpretazione – ovvero quella che include la possibilità di spostare le zone franche garantendo l’uso di tali strutture portuali in condizioni di parità
per tutto il commercio internazionale – poiché consente l’evoluzione delle strutture portuali senza pregiudicare le funzionalità del Porto, che mantiene sempre le caratteristiche di porto franco, e quindi
senza contrastare con lo spirito e la finalità del Trattato di pace e dei successivi strumenti internazionali e senza esporre il nostro Paese a fondate contestazioni da parte delle altre Parti contraenti del Trattato.
Infine, dal punto di vista del potere decisorio (normativo od amministrativo che sia) sul porto franco triestino, ricorda che il porto franco di Trieste non ha oggi uno status internazionale, essendo del tutto sottoposto alla sovranità italiana, la quale è però limitata dalla necessità, sancita dagli strumenti internazionali sopra richiamati, di garantire la libertà di utilizzo di alcune parti del porto e delle relative strutture portuali secondo la prassi dei porti franchi, così come si è espressa la giurisprudenza italiana che ha sempre riconosciuto i punti franchi triestini come ricompresi nel territorio italiano ma qualificandoli di extradoganalità. Ne consegue che la riduzione o l’eliminazione dei punti franchi potrebbe legittimamente avere luogo solo con il consenso degli altri Stati nei confronti dei quali l’obbligo è stato da ultimo assunto con il Memorandum del 1954 e con l’accordo di cooperazione economica bilaterale siglato nel 1975 con la Jugoslavia (cui è succeduta la Slovenia). Per contro, altre diverse disposizioni sui punti franchi tali da non alterare la funzione del porto franco di Trieste possono rientrare nelle competenze delle autorità centrali o locali italiane conformemente al diritto interno e nel rispetto di altre norme interne rilevanti, come ad esempio quelle in materia urbanistica, ovvero di protezione ambientale.
Roberto MENIA (FLpTP), manifestando vivo apprezzamento per la posizione assunta dal Governo, rievoca le origine storiche del porto franco triestino ed i suoi successivi sviluppi. Al riguardo, lamenta come una sorta di maledizione gravi sul destino portuale della città di Trieste.
Osserva, infatti, che l’area attualmente occupata dal porto franco risulta poco utilizzata, anche per il perdurare dell’incertezza sul quadro normativo di riferimento.
Alla luce delle dichiarazioni del Governo, auspica che si possa risolvere rapidamente la situazione di immobilità sinora delineatasi, individuando nuovi siti per l’attività del porto franco. Come elemento di conferma circa la scarsa plausibilità di interpretazioni eccessivamente rigide degli accordi vigenti, cita il fatto
che il Trattato di Osimo prevede il divieto di modifiche alle circoscrizioni amministrative, previsione ampiamente superata con la creazione di due nuove realtà statali, Slovenia e Croazia, e, successivamente, con l’ingresso della prima, e fra poco anche della seconda, nell’Unione europea.
Rinnovando il proprio apprezzamento per le affermazioni del Governo, sottolinea l’importanza che esse siano portate avanti con impegno in tutte le sedi necessarie.
Ettore ROSATO (PD) ringraziando il rappresentante del Governo, rileva che il porto franco rappresenta un indubbio valore per la città di Trieste e che non può invece trasformarsi in un vincolo.
Osserva che il trasferimento dall’attuale sede consentirebbe l’utilizzo per altre finalità di un’area di notevole valore, permettendo di sbloccare investimenti per quasi un miliardo di euro che rappresenterebbero un fondamentale fattore di sviluppo economico per tutto la regione nord orientale. Sottolinea in proposito l’importanza di uno sforzo collegiale da parte di tutte le amministrazioni interessate, a cominciare dal Ministero delle infrastrutture e trasporti e da quello dell’ambiente, per individuare rapidamente le soluzioni idonee.
Franco FRATTINI (PdL), intervenendo a sostegno della risoluzione in titolo ricorda che la questione del porto di Trieste fu oggetto di particolare studio da parte del Ministero degli affari esteri negli anni
in cui ne ha ricoperto la titolarità, nell’ottica di promuovere importanti investimenti stranieri che avrebbero potuto portare allo sviluppo di un traffico di circa 10 milioni di conteiners. Ricorda come proprio l’eventuale inamovibilità dei punti franchi abbia costituito una remora al progresso di tali progetti e plaude quindi alla posizione ribadita dal Governo oggi, sulla base degli studi a suo tempo compiuti, sollecitando il Governo stesso a riprendere le trattative già intercorse, anche al fine di non essere da meno rispetto alla concorrenza della Slovenia.
Stefano STEFANI, presidente, nel dichiarare il suo profondo affetto per la città di Trieste, condivide le considerazioni del collega Frattini, anche con riferimento alla concorrenza della Slovenia che è già stata
favorita dall’aumento della tassazione sul naviglio da diporto. Quanto all’importanza dei punti franchi, sottolinea quanto un paese come la Svizzera ne abbia storicamente tratto profitto.
Roberto ANTONIONE (Misto-LI-PLI), nel riformulare la risoluzione di cui è primo firmatario secondo la proposta del rappresentante del Governo, lo ringrazia per il contributo di chiarezza fornito nel suo puntuale e preciso intervento. Ringrazia anche l’ex Ministro Frattini per le considerazioni svolte in ordine allo sviluppo strategico del porto di Trieste, osservando come siano oggi importanti per la nostra economia gli investimenti stranieri ed augurandosi che non abbiano a ripetersi spiacevoli episodi che hanno in passato inciso negativamente sulle aspirazioni della città giuliana a candidature per grandi eventi internazionali largamente
dovuti proprio alle problematiche appena evidenziate.
Il sottosegretario Marta DASSÙ assicura che provvederà a sensibilizzare anche il Ministero per lo sviluppo economico circa le possibilità di attrarre nuovi investimenti stranieri sul porto di Trieste, secondo quanto prospettato dall’onorevole Frattini e ripreso dagli onorevoli Stefani e Antonione.
Nessun altro chiedendo di intervenire, la Commissione approva quindi la nuova formulazione della risoluzione in titolo, che assume il n. 8-00193 (vedi allegato).
La seduta termina alle 15.15.
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